Barbarano è la capitale del Rosso dei Berici.
A testimonianza della lunga storia del vino bisogna dire che in un sito archeologico dei Colli Berici, l’antichissimo insediamento su palafitte sulle rive del Lago di Fimon, sono stati rinvenuti vinaccioli vecchi di tremila anni.
Tipici dei Colli Berici e in particolare di Barbarano Vicentino sono:
il Tocai Rosso (denominato anche Barbarano), il Cabernet, il Garganego,
lo Chardonnay, il Merlot, il Pinot Bianco, il Sauvignon.
Il Tocai Rosso di Barbarano è un vino ottenuto da uve coltivate in una zona ristretta, collinare e ben delimitata. Il colore è rosso ciliegia brillante. Odore vinoso, fragrante, di more, lamponi e melograno. Vino di medio corpo che trova facile abbinamento a tavola: ottimo con il prosciutto crudo, primi piatti, pollame nobile.
Il Cabernet, nelle due varietà Franc e Sauvignon, ha un colore rosso rubino intenso. Profuma di erbaceo, frutta matura e spezie. Il sapore è ben strutturato e pieno. Va servito a circa 16-18 ° C. Il Cabernet lo si valorizza con portate impegnative quali selvaggina o arrosti.
Lo Chardonnay, vitigno di origine francese, ha un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Il profumo è fresco e fruttato. Nella versione Tranquilla va servito sui 10°C. Lo Spumante, invece, dalla spuma persistente, va bevuto a circa 8°C. E’ un grandissimo vino da tutto pasto, in modo speciale con portate di pesce o di uova.
Il Merlot, assai diverso di zona in zona raggiungendo il culmine nella località di Barbarano, ha un colore rosso rubino. Il profumo è vinoso, intenso, caratteristico. Vino di corpo pieno, va bevuto a 18°C. E’ opportuno, per apprezzarlo al meglio, aprire la bottiglia un paio d’ore prima. Ottimo con il baccalà alla vicentina, le carni bianche e rosse arrosto, le grigliate, i formaggi locali (Asiago e Grana Padana).
Il Pinot Bianco dei Colli Berici ha un colore giallo paglierino scarico. Il profumo è intenso, fragrante, floreale, fresco. Vino di medio corpo, si abbina con antipasti e pesci nobili.
Il Sauvignon dei Colli Berici è un vino delicato, adatto con portate a base di pesce. Il colore è giallo paglierino. Vino armonico e fresco.
Potete comunque rivolgervi per ogni informazione al “Consorzio Tutela Vini Colli Berici DOC”, via Ca’ Dolfina 40, Ponte di Barbarano (tel. 0444-896598)
Conseguente agli impianti di vinificazione, ma certamente non secondaria, è presente a Ponte di Barbarano una fiorente attività di produzione di distillati di vinacce e di uve. Ecco così nascere vari tipi di grappe, corrispondenti ai tipici vitigni della zona, con aromi e profumi pregevoli.
A Ponte di Barbarano, in via Pila n° 8, è possibile acquistare grappe e distillati di vino direttamente dal produttore "Dal Toso Rino e figlio" (tel. 0444-896608)
Dal latte, ingrediente candido e generoso, proveniente da numerosi allevamenti della zona, deriva il tipico formaggio Grana Padano, garantito da costanti controlli e rigorose analisi di qualità.
La genuinità, infatti, nel nostro paese è sempre di moda.
Il Grana Padano ha pressoché infinite possibilità di utilizzo nella gastronomia italiana e internazionale.
Il ciclo di produzione e di stagionatura è lungo, delicato, complesso: un miracolo che unisce la generosità della natura alla creatività e alla tecnica dell' uomo.
Alto formaggio di notevole rilevanza e con caratteristiche DOC è l’Asiago.
A Ponte di Barbarano, in via Capitello (tel. n° 0444-795306), il Caseificio Sociale costituito nel 1922 è sempre aperto con il suo caratteristico spaccio.
Anche il prosciutto crudo dei Berici è uno dei prodotti da evidenziare. Ponte di Barbarano, infatti, è compreso nella zona del “Prosciutto Veneto Doc”. Il “Riviera Market”, cooperativa agricola di secondo grado nata nel 1978, lavora secondo le tecniche dell’antica tradizione veneta per ottenere così un prodotto finale di alta qualità; la sua produzione raggiunge circa i 200.000 prosciutti l’anno.
A Ponte di Barbarano, lungo la Riviera Berica, è possibile acquistare prosciutto presso il Riviera Market srl (tel. 0444-795303)
Il miele è la sostanza alimentare che le api producono partendo dal nettare dei fiori o dalle secrezioni di parti vive di piante, che esse raccolgono, trasformano, combinano con sostanze proprie e depongono nei loro favi. I componenti principali del miele sono zuccheri, acqua, acidi organici, sali minerali, enzimi, ed altri.
E’ opinione diffusa dalla medicina popolare attribuire particolari proprietà ai mieli monofloreali, generalmente le stesse che vengono riconosciute alle piante da cui derivano, anche se non è scientificamente provato. Ad ogni modo, indipendentemente dall’origine floreale, la componente enzimatica ed aromatica del miele può contribuire ad alleviare i sintomi di alcune patologie.
I mieli più tipici prodotti nella zona dei Colli Berici sono: l’Acacia, il Millefiori, il Tiglio, il Girasole, il Castagno.
A Barbarano Mossano potrete assaggiare e acquistare miele presso L'APE, apicoltura Gardin, in via Matteotti 27 (tel. 0444-795311)
L’olivo è una delle piante più longeve e resistenti. I Colli Berici, con valori climatici particolarmente favorevoli, da secoli vedono la presenza di questa pianta da cui si ricava un ottimo olio, dalla produzione molto limitata. Un patrimonio e una tradizione che è giusto valorizzare e far conoscere.
A Barbarano Mossano si trova l'Oleificio Berico snc ove viene prodotto e venduto al pubblico olio extra vergine di oliva, in via A. Ferretto, 1 (tel. 0444-886111)
Correva l'anno 1890 quando Antonio Fioretti da Marano Vicentino procedeva all'incrocio di due varietà di mais locali, Pignoletto d'Oro e Nostrano, nella speranza di coniugare la qualità del primo alla resa del secondo. L'opera di selezione durò ben vent'anni ma premiò la sua intraprendenza: il nuovo granturco «Marano» varcò presto i confini della pianura padana ed ebbe eccezionale fortuna. Gli erano caratteristici le pannocchie esili ma numerose, e i chicchi rossastri e vitrei, ricchi di giutine.
Se ne traeva una farina ideale per la polenta che risultava di un colore giallo intenso, screziato di marrone, e di sapore inconfondibile, sconosciuto ai mais iperproduttivi che gli subentrarono nel dopoguerra. I nostri contadini, comunque, non hanno dimenticato il Marano. Qua e là, anche a Ponte di Barbarano, ne producono ancora esigue quantità per uso proprio o per soddisfare le richieste di ristoratori che mantengono vivi sapori antichi.
La polenta può essere cotta nel brodo o nel latte, anziché nell’acqua. E’ l’irrinunciabile compagna del baccalà e dei “osei” (gli uccelli allo spiedo).
ngredienti :
fiori di zucca (zucchini)
300 gr. di farina bianca;
3 tuorli d’uovo;
3 cucchiai di brandy;
2 cucchiai d’olio d’oliva;
un pizzico di sale.
Procedimento:
Lavoriamo la farina, le uova, il brandy, l’olio d’oliva e acqua quanto basta sino ad ottenere una pasta filante e densa nello stesso tempo. Lasciamo riposare e aggiungiamo gli albumi montati a neve.
Unite al composto i fiori di zucca (volendo si possono far macerare prima nel latte) e, tolti dalla pastella, fate friggere nell’olio.
Ingredienti (per quattro persone):
250 gr. di riso;
600 gr. di cavolo verza;
cipolla, pancetta e olio quanto basta;
1 litro abbondante di brodo;
4 luganeghe (200-240 gr. di salsiccia);
grana padano;
pepe nero a piacimento.
Procedimento:
Preparate un soffritto di cipolla, pancetta e il solo olio. A parte tagliate in listelle la verza e, dopo essere ben sgocciolata, mettetela ad insaporire a fuoco dolce finchè non sarà cotta. Aggiungete il brodo e portate ad ebollizione. Versate il riso e ultimate la cottura.
Nel frattempo passate al fuoco la luganega, per eliminare il grasso che ne colerà. Scodellate la minestra aggiungendo un po’ di luganega, il grana grattugiato, il pepe.
Ingredienti (per quattro persone):
4 etti di riso;
un trito di cipollotto;
160 gr. Di punte di bruscandoli;
2 noci di burro;
1 bicchiere di vino bianco secco;
2 mestoli di buon brodo;
grana padano.
Procedimento:
Si fa appassire il cipollotto con una nocedi burro e si stufano i bruscandoli per circa cinque minuti. Si tosta per 4-5 minuti il riso con i bruscandoli, aggiungendo il vino e mescolando finchè si asciuga; quindi, sempre mescolando, si aggiunge il brodo e un po’ di sale. A cottura ultimata si toglie dal fuoco, si aggiungono l’altra noce di burro e il grana padano.
La "Venerabile Confraternita del bacalà alla vicentina" suggerisce una ricetta che e' il frutto di studi e di comparazioni tra le numerose ricette in auge nei ristoranti e nelle trattorie più famose del Vicentino tra gli anni trenta e cinquanta senza demonizzare le varianti attualmente in servizio .
Ingredienti per 12 persone: kg . 1 di stoccafisso secco; gr.. 500 di cipolle; litri 1 d'olio d'oliva extra vergine; n 3-4 acciughe; 1/2 litro di latte fresco ; poca farina bianca; gr. 50 di formaggio grana grattugiato; un ciuffo di prezzemolo tritato; sale e pepe .
Preparazione.
Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni . Levare parte della pelle. Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi quadrati , possibilmente uguali. Affettare finemente le cipolle ; rosolarle in un tegamino con un bicchiere d'olio, aggiungere le acciughe dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato. Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all' altro, in un tegame di cotto o di alluminio, oppure in una pirofila ( sul cui fondo si sarà versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto ); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato il sale, il pepe. Unire l'olio, fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare.In termine vicentino, questa fase di cottura si chiama "pipare".
Solamente l'esperienza saprà definire l'esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, può differire di consistenza. Servire ben caldo con polenta: il baccalà alla vicentina e' ottimo anche dopo un riposo di 12-24 ore .
(ricetta a cura della Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina)
Il “saòr” è la tipica preparazione del pesce fritto marinato di piccola taglia. Era piatto tradizionale della Veglia del Redentore a Venezia nella notte del 19 luglio.
Ingredienti:
sardèle (sardine);
cipolla;
aceto;
olio d’oliva.
Preparazione:
Si frigga il pesce, se la taglia lo richiede eviscerato e senza testa, in olio ben caldo, passandolo eventualmente nella farina. Dorate da ambo i lati; potrete ora, se ritenete,toglierlo dal fuoco, sgocciolandolo su carta assorbente. Nello stesso fondo, con o senza il pesce, magari cambiando l'olio, fate appassire un peso pari al pesce o meno, ma comunque più d'un quarto, di cipolla affettata finissima. Quando que-sta è ridotta a fili d'un bel colore biondo, aggiustate il sale se necessario, aggiungete l'aceto, insaporite e ritirate dal fuoco. Prendete un recipiente non ossidabile, meglio di coccio, e adagiate sul fondo uno strato di pesce, coprendo con il soffritto, e così via, alternando strati di pesce e di soffritto ad esaurimento. Coprite tutto col liquido residuo e conservate in luogo fresco, servendo dopo almeno due giorni. È una semi-conserva e potrà durare una dozzina di giorni.
EL SARDEON (o SCOPETON)
(notizie tratte da un libretto della pro loco di S. Vito di Leguzzano)
EI sardeon o scopeton (Sardina pilchardus) deve ai Veneti l'onore di possedere un nome proprio. In italiano tale nome non ce l' ha, a meno che non lo si voglia chiamare sardina del Nord Atlantico.
Nella cucina povera dei Veneti di terraferma, assieme a renga (Aringa Clupea harengus) e bacalà (stoccafisso Gadus morrhua) costituiva il cibo che accompagnava frequentemente la polenta sia "calda" che "brustolà".
Nel Vicentino, scopeton e renga sono spesso stati oggetto di grande confusione, spesso sono stati scambiati l'uno per l'altra, grazie anche al trattamento di salatura ed affumicatura che li rende alquanto simili.
E' comune credenza addirittura che l' uno sia il maschio dell' altra.
Citiamo in proposito una nota rilevata a pag. 317 del libro del prof. Terenzio Sartore di Marano Vicentino "Civiltà rurale di una valle veneta la Vai Leogra :"la differenza fra renga e scopeton non è mai stata conosciuta nella nostra terra, ne l' abbiamo trovata precisata in alcun vocabolario dialettale o in altra opera di carattere locale. Lo scopeton è stato ed è creduto comunemente il maschio della renga, nonostante sia ben più piccolo. Apparirà strano a molti sapere, come è apparso
inaspettato per noi trovare, dopo laboriose indagini, che gli scopetoni sono le comuni sardelle atlantiche, scelte tra le più grosse, salate e conservate come le aringhe e che sono in genere importate con il nome di English pilchard, dai Paesi che si affacciano sul Mare del Nord. Le renghe, da parte loro, si distinguono in renghe da late (le più tenere) e renghe da uvi (quelle con le uova)."
Anche se per ragioni di approvvigionamento (e per difficoltà di distinguerne il sapore) spesso si spacciano le renghe, opportunamente ripulite delle uova, per scopettoni: lo scambio non è ammissibile.
Con il nome salacca o saracca, infine, si definivano i pesci della famiglia dei Clupeidi, a cui appartiene la renga, famiglia di pesci di scarso pregio e, per lo più, conservati sotto sale ed affumicati.
Renga e scopeton, non essendo pesci che si conservano a lungo, fin dal XII° secolo vengono essiccati con sale ed affumicati, dopo essere stati sventrati e, talvolta, decapitati. Ci sono anche altri metodi di conservazione più recenti, compresa la surgelazione, ma noi ci occuperemo di quelli affumicati, così ricchi di sapore e di storia della nostra gente.
Il Paese di maggior produzione è, come per il bacalà , la Norvegia, dalla quale si riforniscono i maggiori Grossisti e Distributori italiani.
Quante volte abbiamo sentito raccontare dai nostri vecchi ... "ai me tempi... quatro fete de polenta brustolà e un sardeon pica via in meso o sora la tola... ma solo pociare! Parchè, finìa la polenta, la mama fasea sparire el sardeon che, co' na scaldadina e do giosse de oio, el giovava ancora. E vanti cussì più che se podèa..."
La ricetta antica è quanto di più francescano si possa immaginare e mette in chiara evidenza l'estrema semplicità dell'ambiente in cui veniva usualmente preparata.
EI sardeon va ripulito delle pinne e delle squame il più possibile e posto sulla griglia, a brace non troppo forte. Dopo la cottura, va sventrato e liberato della lisca, diviso in filetti, messo in un piatto fondo o in una casseruola (e, secondo alcuni, cosparso di prezzemolo tritato). Quindi va condito con olio d'oliva abbondante e lasciato per qualche ora (anche per qualche giorno) a riposare, per ammorbidirsi ed insaporire l'olio. Sarà infine servito con polenta brustolà (per consentire di "pociare").
Nelle moderne ricette ci si sbizzarrisce con non poche "variazioni sul tema". Per ammorbidire il pesce secco e per alleggerirne la salatura, prima di passarlo sulla griglia, c'è chi lo mette a bagno in acqua fredda, chi lo immerge per 5-7 minuti in acqua bollente e chi addirittura lo lascia immerso nel latte per un'intera notte. E’ certo però che un tempo, data la penuria del sale da cucina, i nostri vecchi si guardavano bene dall’alleggerirne la salatura con bagni d’acqua!
Dolce importante nella cucina veneta. Si pone in una pentola un litro d’acqua con quattro foglie di alloro e si porta ad ebollizione. Vi si aggiungono sale, olio, zucchero, pinoli, fichi secchi, fettine di mele. A parte si preparano farina bianca e farina gialla che vanno mescolate insieme. Si scotta la farina, ovvero la si getta nell’acqua bollente e si mescola fino ad ottenere un impasto abbastanza solido.
Per cuocere il dolce ci vuole una buona mezz’ora.
PRO LOCO PONTE
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